>>12546
Nel mio comune ce ne sono un po' più di 10mila di anime (comprese le frazioni) e a dirti il vero di zone di campagna è rimasto poco o nulla.
Ora come ora l'economia locale si basa sull'andare in conceria; un tempo c'erano pure i calzaturifici direttamente in paese, ma ora sono tutti morti e sepolti.
Che poi dire economia locale è un'iperbole: gli unici negozi esistenti sono le pizzerie, i parrucchieri, tipo due negozi di vestiti (da donna o per bambini) e i bar/pasticcerie. Tutto il resto non esiste e anche per gli alimentari devi andare fuori dal comune (il capoluogo, dove abito io, sta proprio sul confine.)
Ma intanto continuano a costruire case, nel mentre che su quelle esistenti compaiono cartelli "vendesi". Il centro storico, che dalla fondazione a ora era il fulcro del paese, è un posto fantasma, con tutte le saracinesche chiuse e le uniche persone che trovi per strada sono gli africani e i loro figli (manco gli albanesi trovi.)
Dopo la premessa sulle condizioni del paese in cui abito, le differenze tra un paese di periferia/campagna e le grandi città sono talmente grandi che è difficile avere a che fare con l'altra realtà anche a distanza di tempo.
Io che ho sempre vissuto in campagna, quando ho iniziato a frequentare una grande città ("grande" in senso relativo: è capoluogo di provincia ma in confronto ad altri nella stessa regione è abbastanza piccola) per motivi di studio, mi sono trovato assolutamente spaesato. Le strade tutte intricate, il traffico, le distanze tra un posto e l'altro... non sono cose per uno che è cresciuto in un posto non tanto esteso e essenzialmente sviluppato come una griglia, anche nelle zone nuove.
Non ho esperienze con cittadini che si sono mossi in periferia, ma vedendo alcuni comportamenti posso immaginare che i ritmi molto più lenti (e il fatto che per certe cose devi comunque andare in città) possano causare difficoltà.